Mantenere fede alla promessa di costruire 25 strutture scolastiche semi permanenti non è stato affatto facile. Ci siamo, infatti, trovati a lavorare in condizioni estremamente ardue.
In primis abbiamo dovuto fare il conto con la totale assenza di elettricità.
La seconda sfida titanica con la quale ci siamo dovuti misurare è stato proprio il trasporto dei materiali. Abbiamo accumulato oltre 100 tonnellate di materiale per completare il progetto, ma la strada per Jharlang non era più percorribile.E così, in un Paese già in ginocchio per via di un violento terremoto, sono iniziati a scarseggiare tantissimi beni di prima necessità.
Alla fine, non potendo permetterci il trasporto via aerea, abbiamo dovuto far trasportare il materiale per gran parte letteralmente a spalle dalla gente del posto, impiegando ben 3.200 portatori.
Per completezza, dobbiamo anche tristemente riportare che all’indomani del sisma moltissime organizzazioni umanitarie, provenienti da tutto il mondo, si sono presentate in loco dichiarando la loro disponibilità ad aiutare le popolazioni locali ed innalzandone ovviamente le aspettative. Tuttavia, a distanza di poche settimane, quando la situazione si è rivelata in tutta la sua complessità (ed i riflettori dei media si erano spenti da giorni), gran parte di queste organizzazioni se ne sono andate. La necessità di intervenire, anche per dare un importante segno di speranza alla popolazione locale, è diventata improcrastinabile.
Le lezioni scolastiche a Jharlang sono quindi riprese solo dopo molti mesi dal sisma, e fino a poche settimane fa erano ancora tenute in maniera non regolare. Gli studenti, in attesa di un luogo più adatto, le seguivano ammucchiati sotto teli di plastica.
La riapertura delle scuole in veri e propri edifici all’uopo adibiti è diventata un passo importante per l’intera comunità: il segno che è arrivato il momento di riprendere a vivere normalmente.